Open Source: previsioni per il 2013
Cominciamo il nuovo anno con un articolo di scenario, che cerca di fare il punto sul mondo del software open source guardando sia allo stato attuale delle cose sia al futuro prevedibile dei prossimi dodici mesi. Il 2012 è stato un anno importante, perché per la prima volta dal lontano 1985 la quota di mercato di Windows è scesa sotto il 50% all’interno di un settore dove le piattaforme di personal computing non sono più solo quelle tradizionali ma si sono diversificate, e oggi comprendono al loro interno i tablet e forse anche qualche smartphone di fascia alta (quelli, per esempio, su cui gira Ubuntu per Android).
Certo, l’inadeguatezza di Windows sulle piattaforme mobili ha avuto la sua parte, ma credo che la situazione non faccia altro che confermare il fatto che la mancanza di concorrenza – fino al 2005 Windows ha avuto una quota di mercato prossima al 95% – è stata più dannosa per Microsoft che per il resto del mercato. Windows 8, nonostante l’imponente macchina promozionale (ho visto una dimostrazione persino sul FrecciaRossa tra Bologna e Milano), sembra essere un ibrido davvero poco convincente anche per i fedelissimi di Remond.
D’altronde, non si comprende il motivo per cui qualsiasi mercato viene considerato malato – non dal sottoscritto, ma dagli esperti di economia – se un’unica azienda supera una quota di mercato del 75% (e sto già esagerando), mentre quello IT è stato dominato per vent’anni da Microsoft, con quote di mercato spesso superiori al 90%, senza che nessuno muovesse un dito. E viene considerato malato perché manca lo stimolo della concorrenza, che si traduce in un rallentamento dell’innovazione, e in un peggioramento – nel medio e lungo periodo – delle condizioni degli utenti.
Questa situazione, a partire dal 2000, ha scatenato prima la nascita e poi l’evoluzione di una serie di progetti completamente diversi tra loro, accomunati dalla voglia di rispondere alla richiesta di innovazione che saliva dal mercato. Ha cominciato Apple con MacOS X, che è basato su un sistema operativo FreeBSD (anche se MacOS X è proprietario e chiuso), poi è arrivato Ubuntu – che ha creato un desktop Linux alla portata di tutti, e ha costretto le altre distribuzioni a un approccio un po’ più user friendly – e infine Android, con la sua enorme versatilità, che è riuscito a superare tutti gli altri – in termini di quota di mercato – in pochi anni.
Oggi ci troviamo di fronte a uno scenario complesso, dove i sistemi operativi tradizionali – Windows, MacOS e Linux – che girano su piattaforme altrettanto tradizionali come i PC, si trovano a competere con altri PC dotati di sistemi operativi cloud-based come Chrome OS, e con tablet e smartphone che utilizzano Android e iOS, ma anche Ubuntu per Smartphone e per Android, e ben presto anche Firefox OS. Oggi, gli utenti trovano risposte migliori alle loro esigenze rispetto a quelle che trovavano nel 2005, grazie all’innovazione che deriva da una concorrenza più allargata.
Gran parte del merito di questo allargamento dell’offerta è da attribuire a Linux, che non ha “sfondato” sul desktop – per problemi legati molto più alla psicologia degli utenti, che sono costituzionalmente contrari a qualsiasi innovazione che impatta sulle loro abitudini, che alle funzionalità del sistema operativo e dei software (ricordo che tutti i dipendenti del comune di Monaco di Baviera utilizzano Ubuntu, senza che il funzionamento dei servizi della città – tra cui l’aeroporto, uno dei più grandi in Europa – abbia sofferto) – ma sta arrivando in modo silenzioso ma pervasivo nelle nostre vite, visto che la maggior parte dei sistemi embedded – che comandano molti degli oggetti della nostra vita quotidiana – è basato su Linux.
Quindi, Linux non domina più solo nell’area dei computer ad altissime prestazioni – visto che il 93,8% dei 500 sistemi più potenti a livello mondiale usa Linux (compresi i primi 10) – ma è il sistema operativo della maggior parte dei lettori di e-book, a partire dal Kindle di Amazon, e del Raspberry Pi, un computer che ha dimensioni di poco superiori a quelle di una carta di credito, e utilizza una distribuzione basata su Debian, che permette di utilizzare anche software di produttività come LibreOffice.
Premesso tutto questo, cosa succederà nel 2013? Probabilmente, Linux supererà finalmente la barriera del 10% di quota di mercato, che è data dalla media tra una buona percentuale nel mondo dei server e una percentuale trascurabile in quello dei desktop. Questo succederà perché Linux comincerà a fare i primi passi anche nel mondo delle piccole e medie aziende, dove è più difficile entrare, ma dove il costo dei prodotti Microsoft ha cominciato a essere una barriera importante.
Probabilmente, Linux comincerà a fare il suo ingresso come sistema operativo standard in qualche altra grande azienda, oltre a Google (30.000 PC) e al comune di Monaco di Baviera (15.000 desktop). In questo modo, comincerà a essere visto come una scelta percorribile – complessa ma percorribile – da un numero sempre maggiore di aziende, e questo non potrà che giovare alla concorrenza e all’innovazione, anche da parte di Windows.
Probabilmente, crescerà il numero di giochi disponibili su Linux, dopo il porting di Steam, e questo contribuirà alla diffusione della piattaforma tra i più giovani (la maggiore stabilità e la minore richiesta di risorse hardware da parte di Linux rappresentano sicuramente due vantaggi importanti per questa categoria di utenti).
Sicuramente, ci sarà uno smartphone Ubuntu, visto che Mark Shuttleworth sta lavorando con grande entusiasmo per raggiungere questo obiettivo. Esiste già un’azienda – NexCrea – che sta lavorando a una famiglia di strumenti (laptop e tablet) alimentati da uno smartphone Ubuntu. Ovviamente, ci sarà anche un tablet con Ubuntu, anche se è difficile prevedere la data di rilascio perché Canonical sta lavorando alacremente alla ricerca di partner OEM, ma si tratta di progetti che richiedono tempo. E probabilmente ci sarà uno smartphone Mozilla con Firefox OS, basato su HTML5.
Probabilmente, comincerà un consolidamento delle distribuzioni Linux, che rappresenta da un lato un impoverimento del panorama innovativo e dall’altro una semplificazione delle problematiche relative alla scelta della distribuzione più adatta alle esigenze di ogni utente (soprattutto nel caso delle aziende). Qualche distribuzione passerà al modello “rolling”, che significa un’aggiornamento continuo senza nessuna vera e propria nuova release. Si tratta di un modello poco adatto al mondo delle aziende e molto più adatto a livello individuale (io uso una distribuzione “rolling” come Linux Mint Debian Edition per uno dei miei PC, che continua a funzionare egregiamente nonostante i suoi 10 anni).
Per concludere, nel 2013 Linux supererà – se non lo ha già fatto alla fine del 2012 – un giro d’affari complessivo superiore a 2 miliardi di dollari, grazie anche al contributo di RedHat che è ormai stabilmente sopra a un miliardo di dollari di fatturato. Sommando tutto quello che è open source, si potrebbe addirittura arrivare a 3 miliardi di dollari, che rappresentano una cifra di tutto rispetto e dovrebbero convincere anche i più scettici sull’opportunità di investire seriamente in questo settore.